Recensione – “Alaska”, Brenda Novak

Alaska, Brenda Novak

img_20161125_173859

Trama:

Stanno accadendo cose strane nel piccolo villaggio di Hilltop, remota località dell’Alaska dove l’inverno è così gelido da ottenebrare le coscienze. Da quando, tre mesi prima, è stata aperta Hanover House, una clinica psichiatrica di massima sicurezza che ospita con finalità scientifiche i più feroci serial killer d’America, nessuno dorme più sonni tranquilli e a nulla servono le rassicurazioni di Evelyn Talbot, la psichiatra trentenne e determinata che dirige l’istituto insieme al collega Fitzpatrick. Soprattutto quando nella neve avviene un macabro ritrovamento: i resti di una donna, orrendamente martoriata. Per il giovane sergente Amarok è la conferma di ciò che ha sempre temuto: portare un branco di efferati assassini a pochi metri dalle loro case e dalle loro famiglie è stata una decisione estremamente pericolosa. Ma la sua fermezza si scontra con il fascino fragile e misterioso di Evelyn, il cui passato nasconde il più nero e atroce degli incubi. E mentre una violenta tormenta di neve si abbatte sul paese rendendo impossibili i collegamenti e le comunicazioni, la psichiatra ha più di un motivo per pensare che quel primo omicidio sia un messaggio destinato proprio a lei e che l’ombra del passato la stia per raggiungere ancora una volta.

Anno di pubblicazione: 2015 (2016 in Italia)

Genere: Thriller

Casa editrice: Giunti (grazie per la copia)

Per acquistare una copia del libro su Amazon CLICCA QUI.

 

Recensione:

Questo libro mi aveva incuriosita, oltre che dalla copertina, dalla trama, che preannuncia un thriller davvero promettente e avvincente. In effetti è stato così, anche se ho trovato il finale, rispetto al resto della storia, più debole e anche un po’ intuibile, ma comunque si inserisce bene nella storia e riserva colpi di scena. Inoltre, l’autrice ha uno stile molto scorrevole e il libro si lascia leggere facilmente e rapidamente.

Un aspetto che ho trovato molto interessante è quello psicologico-psichiatrico: l’idea di una clinica in cui vengono studiati gli atteggiamenti dei più spietati serial killer d’America in modo da scoprire le cause che portano queste persone ad agire in un certo modo mi è sembrata subito affascinante. Hanover House, infatti, è un luogo particolare, e questo emerge soprattutto dalle sedute della protagonista, la dottoressa Evelyn Talbot, con i suoi pazienti: killer psicopatici che sembrano non provare alcuna emozione, alcuna empatia, in grado di inquietare la psichiatra stessa.

Evelyn, d’altra parte, ha dei trascorsi davvero tragici e pesanti, eventi che hanno inevitabilmente segnato e condizionato la sua vita e di cui si percepisce l’eco nel suo lavoro e nell’impegno che ci mette: è determinata, e spesso nel romanzo dimostra di essere una donna molto forte e coraggiosa, nonostante il suo passato minacci di crollarle addosso e inghiottirla. Ciò porta il lettore a sospettare di diversi personaggi, per quanto mi riguarda quasi tutti: è difficile fidarsi e ognuno di loro sembra avere segreti inconfessabili e immorali. Proprio per questo motivo risulta difficile fidarsi anche del bel sergente Amarok, che ha un debole per la dottoressa: il thriller si intreccia infatti ad un romanzo, lasciando molto spazio alla storia tra i due.

Infine, l’ambientazione in Alaska, e in particolare a Hilltop, in un paese di per sé più selvaggio e meno popolato rispetto ad altre zone, tra tormente di neve e la quasi totale assenza del sole, unito alle scarse risorse delle forze dell’ordine, mi è piaciuta tantissimo, si presta secondo me molto bene alla storia.

Consiglio Alaska agli amanti dei thriller psicologici e in generale a coloro che hanno un interesse per la psicologia e la psichiatria.

Comments

comments