Recensione – “Io sono l’abisso”, Donato Carrisi

Io sono l’abisso, Donato Carrisi

Trama:

Sono le cinque meno dieci esatte. Il lago s’intravede all’orizzonte: è una lunga linea di grafite, nera e argento. L’uomo che pulisce sta per iniziare una giornata scandita dalla raccolta della spazzatura. Non prova ribrezzo per il suo lavoro, anzi: sa che è necessario. E sa che è proprio in ciò che le persone gettano via che si celano i più profondi segreti. E lui sa interpretarli. E sa come usarli. Perché anche lui nasconde un segreto. L’uomo che pulisce vive seguendo abitudini e ritmi ormai consolidati, con l’eccezione di rare ma memorabili serate speciali. Quello che non sa è che entro poche ore la sua vita ordinata sarà stravolta dall’incontro con la ragazzina con il ciuffo viola. Lui che ha scelto di essere invisibile, un’ombra appena percepita ai margini del mondo, si troverà coinvolto nella realtà inconfessabile della ragazzina. Il rischio non è solo quello che qualcuno scopra chi è o cosa fa realmente. Il vero rischio è, ed è sempre stato, sin da quando era bambino, quello di contrariare l’uomo che si nasconde dietro la porta verde. Ma c’è un’altra cosa che l’uomo che pulisce non può sapere: là fuori c’è già qualcuno che lo cerca. La cacciatrice di mosche si è data una missione, fermare la violenza, salvare il maggior numero possibile di donne. Niente può impedirglielo: né la sua pessima forma fisica, né l’oscura fama che l’accompagna. E quando il fondo del lago restituisce una traccia, la cacciatrice sa che è un messaggio che solo lei può capire. C’è soltanto una cosa che può, anzi, deve fare: stanare l’ombra invisibile che si trova al centro dell’abisso.

Anno di pubblicazione: 2020

Genere: Thriller

Casa editrice: Longanesi

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Recensione:

Come si può intuire dal titolo del libro, Io sono l’abisso è una storia che esplora gli aspetti più profondi e oscuri della mente umana e del male che, conseguentemente, ne scaturisce. Molti sono i temi affrontati e rappresentano tutti un pugno nello stomaco, per la loro verosimiglianza, attualità e brutalità. Si parla però anche dell’amore, nelle sue più svariate forme: dall’amore più puro e intenso, quello capace di fare solo del bene, a quello che invece non è amore, ma anzi è la sua totale mancanza, che sfocia nel male più oscuro, nella violenza, nell’ossessione, nella morte.

La storia segue parallelamente le vicende di tre personaggi in particolare, che vengono identificati tramite delle perifrasi, mai con il loro nome. L’uomo che pulisce vive una vita ordinata e metodica, precisa, scandita dai ritmi del suo lavoro: la raccolta della spazzatura, a cui lui non guarda con disprezzo, ma anzi, la considera qualcosa di prezioso. È proprio tra la spazzatura che la gente nasconde i propri segreti, quelli che lui ricerca e interpreta, anche grazie alla sua principale caratteristica: la sua invisibilità, la sua anonimità. Nessuno, infatti, si accorge realmente di lui, e questo è il suo più grande potere. L’uomo che pulisce non ha però considerato le pericolose conseguenze del suo incontro con la ragazzina con il ciuffo viola, un’altra protagonista del romanzo, a causa della quale la sua anonimità potrebbe venire meno. La ragazzina con il ciuffo viola è un’adolescente, di ricca famiglia, alla quale non manca nulla; ciò nonostante, sulle sue spalle grava un tormento indescrivibile, un segreto che è costretta a tenersi dentro e che pian piano la consuma inesorabilmente. E infine, la cacciatrice di mosche, una donna il cui passato è marchiato da orrori indicibili e che ha fatto della sua vita una missione, quella di salvare le donne dai mosconi che le tormentano: uomini violenti, possessivi, omicidi, o che potrebbero diventarlo. Le vicende di questi tre personaggi si intrecciano, dando vita ad una trama ben costruita tra passato e presente.

Il fatto che i personaggi non vengano chiamati con il proprio nome evoca un effetto di anonimità ma anche di normalità, a sottolineare il fatto che non conta tanto chi queste persone siano, ma ciò che hanno vissuto, la loro storia, perché la loro identità potrebbe essere una qualunque, loro potrebbero essere chiunque, persone comuni, che ogni giorno incrociamo per strada.

La storia, come accennavo prima, affronta temi difficili, importanti e molto delicati, da punti di vista non sempre convenzionali rispetto a quanto si è abituati a sentirne parlare. Uno dei temi più importanti è sicuramente quello della violenza sulle donne, rappresentato in particolare dalla cacciatrice di mosche e dalla sua missione: un tema purtroppo sempre molto attuale, e Carrisi ne parla con una verità e una crudità a volte brutale, come lo è la violenza stessa, ed è per questo che il libro non è sempre di facile lettura. Ho apprezzato il fatto che questo tema venga considerato da più punti di vista, offrendo al lettore importanti spunti di riflessione anche sulla società in cui viviamo.

La scrittura di Carrisi, come sempre ricca di dettagli dal taglio cinematografico, rende la lettura avvincente e porta il lettore a ritrattare continuamente le sue idee e i suoi sospetti su quanto accade. La storia, inoltre, è ricca di colpi di scena, in particolare nel finale, che mi è piaciuto.

Un’ultima considerazione riguardo all’ambientazione: non a caso, Io sono l’abisso è ambientato sulle sponde del lago di Como, un set assolutamente perfetto e reso inquietante al punto giusto per una storia del genere. Mi è piaciuto soprattutto il borgo di Nesso, che non conoscevo, un luogo meraviglioso che però nel libro è teatro di veri e propri orrori.

Consiglio Io sono l’abisso a chi ha amato i precedenti romanzi di Carrisi e agli amanti del thriller in generale.

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